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Lavoro e impresa Contratti di lavoro

Contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti


Per tutti i neoassunti a tempo indeterminato un nuovo sistema di tutele in caso di licenziamento
Contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti

A partire dal 7 marzo 2015 è entrato in vigore il provvedimento che disciplina il contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti ovvero il Decreto Legislativo 4 marzo 2015, n. 23, pubblicato in Gazzetta Ufficiale Serie Generale n.54 del 6 marzo 2015.

A chi si applica

Il contratto si applica ai lavoratori che rivestono la qualifica di operai, impiegati o quadri, assunti con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a partire dalla data di entrata in vigore del decreto e anche nei casi di conversione, sempre successiva all’entrata in vigore del decreto, di contratto a tempo determinato o di apprendistato in contratto a tempo indeterminato.
Per i lavoratori assunti prima dell’entrata in vigore del decreto restano invece valide le norme precedenti.
La nuova disciplina contrattuale riguarda tutti i nuovi assunti e interessa tutte le imprese, senza distinzioni di dimensioni, comprese le micro e le piccole e medie imprese (PMI), e anche tutti i datori di lavoro non imprenditori che svolgono senza fine di lucro attività di natura politica, sindacale, culturale, di istruzione ovvero di religione o di culto (art.9).
Sono esclusi i dipendenti della Pubblica Amministrazione, la cui disciplina contrattuale dipende da un quadro normativo specifico e a sé stante.

La disciplina dei licenziamenti

Con il contratto a tutele crescenti si stabilisce una nuova disciplina dei licenziamenti individuali e collettivi.

  • Per i licenziamenti discriminatori e nulli intimati in forma orale resta la reintegrazione nel posto di lavoro così come previsto per tutti i lavoratori.
  • Per i licenziamenti disciplinari la reintegrazione resta solo per quelli in cui sia accertata “l’insussistenza del fatto materiale contestato”.
  • Negli altri casi in cui si accerti che non ricorrano gli estremi del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, ovvero i cosiddetti “licenziamenti ingiustificati”, viene introdotta una tutela risarcitoria certa, commisurata all’anzianità di servizio e, quindi, sottratta alla discrezionalità del giudice.

La regola applicabile ai nuovi licenziamenti è quella del risarcimento in misura pari a due mensilità per ogni anno di anzianità di servizio, con un minimo di 4 ed un massimo di 24 mesi. Oltre al criterio dell’anzianità di servizio, che alcune sentenze della Corte costituzionale hanno dichiarato incostituzionale, si aggiunge un ulteriore criterio, così esemplificato: “Il giudice, nell’esercitare la propria discrezionalità, nel rispetto del limite minimo (ora 6 mensilità, così come modificato dal DD) e massimo (ora 36 mensilità, così come modificato dal DD), dell’intervallo in cui va quantificata l’indennità, dovrà ora tener conto non solo dell’anzianità di servizio ma anche degli altri criteri «desumibili in chiave sistematica dall’evoluzione della disciplina limitativa dei licenziamenti (numero dei dipendenti occupati, dimensioni dell’attività economica, comportamento e condizioni delle parti)».”
Inoltre, per evitare di andare in giudizio, in caso di contenziosi, si potrà fare ricorso alla nuova conciliazione facoltativa incentivata, con la quale il datore di lavoro offre una somma esente da imposizione fiscale e contributiva pari ad un mese per ogni anno di servizio, non inferiore a due e fino ad un massimo di diciotto mensilità. Con l’accettazione di questa offerta il lavoratore rinuncia alla causa.

Licenziamenti collettivi

Per i licenziamenti collettivi il decreto stabilisce che, in caso di violazione delle procedure di licenziamento (art. 4, comma 12, legge 223/1991) o dei criteri di individuazione dei lavoratori da licenziare (art. 5, comma 1), si applica sempre il regime dell’indennizzo monetario che vale per i licenziamenti individuali (da un minimo di 4 ad un massimo di 24 mensilità).
In caso di licenziamento collettivo intimato senza l’osservanza della forma scritta la sanzione resta quella della reintegrazione, così come previsto per i licenziamenti individuali.

Piccole imprese

Pur applicandosi la norma generale, per le piccole imprese viene introdotta una distinzione: la reintegra resta solo per i casi di licenziamenti nulli e discriminatori e intimati in forma orale. Negli altri casi di licenziamenti ingiustificati è prevista un’indennità crescente, nella misura di una mensilità per anno di servizio, con un minimo di 2 e un massimo di 6 mensilità.

Riferimenti utili

Per il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti vedere la sezione dedicata ai Contratti sul sito Cliclavoro.

Ultimo aggiornamento 20/12/2023

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