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Prendere il lavoro nella rete


Gig, crowdsourcing, crowdfunding: la rete aumenta la possibilità di trovare un lavoro, sfruttando l’ubiquità del mezzo e il networking connesso al suo utilizzo
Prendere il lavoro nella rete

Una delle prime a teorizzarlo fu Tina Brown: nel 2009 dalla sua colonna sul Daily Beast avvertiva che le economie occidentali stavano diventando sempre più gigononomie: ossia sistemi basati su tanti piccoli lavori frammentati (gig) la cui somma consente di arrivare a fine mese (senza però garantire ammortizzatori o previdenza sociale in caso di bisogno).
Non è necessario ribadire che le cose sono andate davvero così e che la maggior parte delle persone che entra ora nel mondo del lavoro deve confrontarsi con la frammentarietà che è sempre più spesso consustanziale ad esso. Ma questo, lungi dall’essere solo ed esclusivamente un limite, può diventare, se sfruttato nel giusto modo, un’opportunità che consente maggiore libertà di movimento e di scelta.

Sono tanti infatti i modi grazie ai quali, con il solo aiuto di un laptop e di una connessione ad internet, è possibile lavorare senza bisogno di una scrivania e di un ufficio e senza correre il rischio di annoiarsi facendo cose ripetitive che dopo poco smettono di affascinarci. Vediamo le novità che hanno preso piede anche in seguito alle nuove forme di lavoro sviluppatesi in seguito alla pandemia.

Gig

Un gig è in inglese la singola performance artistica di un gruppo, e, per assimilazione, anche ogni prestazione lavorativa occasionale che qualcuno offre a una comunità potenzialmente mondiale di acquirenti. Sono nati negli anni molti siti che si occupano di mettere in contatto offerenti e acquirenti, sorte di social marketplace che aiutano i freelance a farsi conoscere (grazie anche ai meccanismi di feedback immediatamente visualizzabili accanto a ciascun profilo) e i clienti a realizzare progetti a minor costo e nel minor tempo possibile. Il principale di questi portali è Fiverr.
Di solito le gig riguardano lavori ben definiti nel tempo, che quindi possono essere ultimati facilmente anche viaggiando: è quello che dimostrano i Nomadi Digitali, due ragazzi che, accortisi di questa nuova realtà, hanno deciso di strutturarla a partire da un manifesto, di raccogliere qualche dato sulla sua portata in Italia, di testimoniarla con storie di chi ce l’ha fatta, di fornire strumenti utili a realizzarla. Le parole chiave del nomadismo digitale sono condivisione, collaborazione, cooperazione: bando alla competizione esasperata perché il primo modo per creare un nuovo valore (più tempo e libertà di movimento) è la socializzazione e l’abbattimento dei muri che dividono dal prossimo. Sul sito dei Nomadi Digitali è disponibile il Rapporto sul Nomadismo Digitale in Italia 2022.

Crowdsourcing

Contrazione dei termini crowd (gente comune) e outsourcing (spostare una parte delle attività di un’azienda fuori da essa), designa un modo di strutturare il lavoro aziendale affidando a persone esterne lo sviluppo di una parte del business. Il processo avviene attraverso il web e dà benefici sia all’azienda, che può permettersi così di ingaggiare professionisti per uno scopo ben preciso e per un tempo definito senza doverli includere nel proprio organico fisso, sia al lavoratore, che può offrire i propri servizi su un mercato globale, spuntando le condizioni migliori.
Tra le piattaforme dedicate al crowdsourcing possiamo citare Twago: marketplace di Randstad che offre l’accesso gratuito a progetti stimolanti e stimolanti presso importanti aziende selezionate. Altra piattaforma dedicata al crowdsourcing è Talentgo, una community certificata di creativi, web designer, copywriter, oltre a professionisti del mondo ICT e delle tecnologie digitali. Stesso settore coperto da Lavoricreativi.com. Cosmico, spazio che connette i talenti digitali con brand internazionali. C’è poi Taskrabbit, che mette in contatto con professionisti che si possano occupare di manutenzioni, riparazione e altri lavori domestici. Servizi di vario genere si trovano su Ijob.it, su Freelancer e su Upwork.
Il crowdsourcing si differenzia dal gig soprattutto in base all’ordine di grandezze del guadagno e della professionalità messa in campo: nel primo caso si tratta di micro-lavori a basso costo (per esempio il disegno di un singolo logo per un prodotto), nel secondo caso si tratta di progetti più strutturati (rimanendo nell’ambito della grafica, l’ideazione dell’immagine di un’intera campagna per un’azienda).

Crowdfunding

Risulta dall’unione di crowd e funding (finanziamento). Qui il contributo di una rete di persone è il motore propulsore di un progetto che qualcuno ha già strutturato senza però avere la possibilità di finanziarlo. Sfruttando le potenzialità della rete l’ideatore pubblica in una piazza virtuale la propria idea e propone agli utenti di acquistare delle quote e aiutare così nella realizzazione del business. I piccoli “imprenditori” che finanziano possono così veder distribuito il rischio di fallimento e contribuire con una piccola somma a un’idea imprenditoriale. In alcuni casi se il progetto ha successo l’imprenditore potrà essere “ripagato” con servizi, prodotti e benefit.
La Consob, come previsto dal decreto Crescita bis, ha emesso (in data 12 luglio 2013 e aggiornato con le modifiche apportate dalla delibera n. 19520 del 24 febbraio 2016) il regolamento in materia di Raccolta di capitali di rischio da parte di imprese startup innovative tramite portali online. La norma disciplina il fenomeno dell’equity crowdfunding che indica la possibilità per le imprese (normalmente neo-costituite) di raccogliere capitali di rischio (funding) per il tramite della rete internet. Il regolamento, composto da 25 articoli, è suddiviso in tre parti che trattano le disposizioni generali; il registro e la disciplina dei gestori di portali; la disciplina delle offerte tramite portali.
Esistono diverse piattaforme che permettono agli iscritti di proporre le proprie idee e di raccogliere i soldi per realizzarle. Uno di questi, nato nel 2005, è Produzioni dal Basso, un modo gratuito e orizzontale per finanziare e realizzare una sitcom, girare un documentario, pubblicare il proprio libro nel cassetto, etc. Un’altra community di questo tipo è Eppela: anche qui si propone un’idea, il costo per realizzarla, le quote necessarie a trasformarla in realtà e il termine entro il quale si intende raccoglierle. A fare il resto del lavoro è il passaparola, il networking, la comunità che decide di sponsorizzare un progetto in cui crede. Altre piattaforma di crowdfunding sono consultabili su Economyup.it.

Wwworkers

Il termine coniato da Giampaolo Colletti – frutto di una sintesi tra www e workers (i lavoratori) – sta ad indicare tutti quei nuovi lavoratori decisi ad abbandonare il posto fisso e il lavoro dipendente per diventare imprenditori e al contempo dare corpo alla propria passione, facendola diventare una professione. Come per le altre forme di neolavori nati dal web, anche i world wide workers si basano su una cosa fondamentale: il supporto della rete.
I passi individuati da Colletti per diventare wwworkers sono diversi: alla base di tutto c’è la costruzione della propria identità in rete. Alcuni passi successivi sono comuni all’avvio di una qualsiasi attività, anche offline: vanno dall’apertura della partita iva alla regolarizzazione della posizione previdenziale (sul sito si trovano indicazioni di costi e tempi in linea di massima, oltre che link utili da consultare), per giungere ai disclaimer sulle condizioni d’uso del sito e alle normative sulla privacy. Come tutte le più nuove dinamiche della rete anche quella dei wwworkers è una modalità basata sulla condivisione delle esperienze, sulla cooperazione e sui suggerimenti e i consigli di chi ce l’ha fatta: si trovano così sul sito facce e racconti di wwworkers di ogni età, complete di informazioni sul profitto che il lavoro da world wide worker garantisce. C’è la giovane autrice di libri personalizzati che guadagna sui 1.500 euro al mese e la matura signora che ha inventato una piattaforma per over 50, con la quale arriva a guardagnare 30 mila euro l’anno, prontamente reinvestiti. E poi ci sono quelli che fanno lavori più tradizionali (il gelatiere, il pastore, il fattore), ma che grazie al web hanno una marcia in più, perché ne sfruttano la comunicatività orizzontale e la possibilità di estendere il proprio business oltre i confini cittadini, regionali e nazionali.

Ultimo aggiornamento 20/02/2024

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